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I mesi trascorsi a casa, a causa della pandemia da Covid 19, sono stati critici per tutti, compresi noi adulti di AC. Ci siamo sentiti privati di quasi tutto ciò che rientrava nelle nostre consuetudini, dal punto di vista sociale, spirituale, familiare.

Questo ha portato a fare delle riflessioni su ciò che stavamo vivendo e ci ha condotto ad esperienze nuove, positive e negative. Abbiamo scoperto che grazie a strumenti tecnologici, potevamo incontrare, parlare e confrontarci con le persone con cui non riuscivamo ad avere relazioni “di persona”.

Gli incontri virtuali hanno sostituito quelli materiali, anche con l’aiuto di giovani e giovanissimi che si sono messi a disposizione dei più anziani e “digitalmente” impediti. Anche le celebrazioni ed i momenti di preghiera sono stati vissuti in questo modo e ciò ha portato a rivalutare l’essenzialità e l’importanza della Parola e dei segni liturgici che, talvolta, diamo per scontati e viviamo per abitudine.

Negli incontri avvenuti per via telematica è, però, venuta fuori una criticità e cioè quella di “rintanarsi” nel proprio nido e vivere una spiritualità a dimensione personale e non più di comunità, di pensare all’altro come un pericolo e non come qualcuno che stava vivendo difficoltà simili alle nostre o ancora più gravi.

Quante attività hanno subito rallentamenti e chiusure, con conseguenti perdite di posti di lavoro, quante famiglie hanno avuto difficoltà nella gestione di figli o anziani. Per questo presso Parrocchie e Comuni sono state intraprese iniziative volte a venire incontro alle nuove e numerose emergenze, non solo sanitarie. La carità è sempre creativa!

In questa quarantena un ritornello che spesso circolava in tutti gli ambienti, sia virtuali che reali era “Niente sarà più come prima…”; crediamo che nel campo del lavoro, purtroppo, questo sarà una realtà; infatti a molti settori produttivi questa pandemia ha arrecato danni notevoli e porterà ad un calo notevole di posti di lavoro, mentre nel contempo ha portato notevoli incrementi di fatturato in altri settori. Sarebbe bello se in questa fase di ripartenza nascesse una SOLIDARIETÀ IMPRENDITORIALE; se chi tanto ha ricevuto in questa pandemia si attivasse per dare una mano a chi ha subito perdite notevoli; le modalità operative potrebbero essere molteplici, a testimonianza di un gesto di fraterna carità.

La pandemia ha evidenziato anche la necessità di riaprire una riflessione e un confronto sul valore e sui valori del lavoro.

In particolare, soprattutto nei confronti del personale sanitario, si è parlato di eroismo e di sacrificio; crediamo che sia necessario, invece, parlare di professionalità e di responsabilità.

Parlare di eroismo allontana dalla realtà quotidiana, ma parlare di etica e responsabilità richiama ognuno di noi a quello che può fare ogni giorno, attraverso il lavoro e attraverso ogni tipo di lavoro per il miglioramento e la salvaguardia del bene comune.

Il periodo di lockdown ha evidenziato l'importanza e la centralità di alcune tipologie di lavoro (ad esempio braccianti agricoli e rider) che soffrono quotidianamente per condizioni di sfruttamento e mancanza di tutele.

Riaprire un confronto sul diritto al lavoro e sui diritti dei lavoratori vorrebbe dire rimettere al centro la dignità di tutti e non essere complici di condizioni di sfruttamento che spesso passano anche attraverso le scelte non consapevoli di ciascuno di noi nella veste di cittadini consumatori.

Dobbiamo cercare di fuggire la logica del massimo profitto, che di fatto allarga la forbice delle disuguaglianze con ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri.

“Guai a colui che edifica la sua casa con l’ingiustizia e le sue sostanze con l’iniquità, chi tiene asservito il suo prossimo gratuitamente e non gli rende la debita mercede” (Ger 22,13).

Infine, è più volte emersa nei nostri discorsi l’importanza e la bellezza del silenzio e dell’ascolto sia dell’Altro che degli altri che sono intorno a noi e, talvolta, non vediamo nemmeno. Sia questo un insegnamento ed una prospettiva per il prossimo futuro.